COME SI MANIFESTA
Chi soffre di questo disturbo non rispetta la legge, per cui vengono compiuti atti illegali (es. distruggere proprietà, truffare, rubare), né si conforma alle norme sociali, per cui attua comportamenti immorali e manipolativi (es. mentire, simulare, usare false identità) traendone profitto o piacere personale (es. denaro, sesso, potere).
Elemento distintivo del disturbo è lo scarso rimorso mostrato per le conseguenze delle proprie azioni, per cui queste persone, dopo aver danneggiato qualcuno, possono restare emotivamente indifferenti o fornire spiegazioni superficiali dell’accaduto; presentano inoltre impulsività e aggressività.
Chi soffre di questo disturbo ha difficoltà ad assumere la prospettiva degli altri, per cui non si prefigura la sofferenza che può indurre in loro e si mostra indifferente, distaccato, sprezzante, cinico e irrispettoso verso gli altri. I rapporti interpersonali sono transitori, superficiali e intrisi di antagonismo.
Le persone con questo disturbo si mostrano noncuranti non solo della sicurezza degli altri, ma anche della propria, ad esempio possono trascurare i figli (es. malnutrizione, malattie dovute a mancanza di igiene, figli affidati o abbandonati a familiari non conviventi o a vicini di casa) e adottare comportamenti pericolosi (es. guida spericolata, abuso di sostanze stupefacenti, pratiche sessuali a rischio).
Le persone che hanno questo disturbo manifestano una bassa tolleranza alla frustrazione, per cui, quando le cose non vanno come vorrebbero, non riescono a rinunciare ad un piacere o a procrastinarlo ed agiscono impulsivamente per raggiungerlo.
E’ presente inoltre pseudologia fantastica, un comportamento che consiste nel raccontare continuamente fatti reali insieme a storie inventate, per cui diventa difficile per chi ascolta distinguere la verità dalle fandonie.
Come capire se si soffre di disturbo antisociale di personalità
La diagnosi di disturbo antisociale di personalità viene data a soggetti maggiorenni che, prima dei 15 anni d’età, presentano alcuni sintomi del disturbo della condotta. Questo disturbo consiste essenzialmente in comportamenti di violazione dei diritti degli altri o di alcune norme sociali (es. aggressione a persone o animali, distruzione di proprietà, truffa o furto).
CHI PUO’ COLPIRE
Il disturbo antisociale di personalità si manifesta nella fanciullezza o nella prima adolescenza e continua nell’età adulta. La prevalenza del disturbo antisociale di personalità nei campioni comunitari è circa il 3% nei maschi e l’1% nelle femmine.
Cause
I fattori di rischio che espongono all’insorgenza del disturbo sono diversi: sia fattori genetici che ambientali contribuiscono all’insorgenza di questo disturbo.
Potrebbe esistere una predisposizione biologica a tale deficit e/o questo potrebbe essere appreso da figure di accudimento che presentano il deficit.
La probabilità di sviluppare il disturbo antisociale di personalità nella vita adulta aumenta se lo stile educativo nell’infanzia è incoerente, trascurante e abusante, se l’esordio del disturbo della condotta è precoce (prima dei 10 anni) e se questo è accompagnato dal disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività. Il disturbo antisociale sembra essere associato anche ad uno stato socioeconomico basso e agli ambienti urbani.
Conseguenze
L’impulsività che caratterizza le persone con disturbo antisociale di personalità può determinare cambiamenti improvvisi di lavoro, di residenza o di relazioni e, dunque, notevoli difficoltà di inserimento sociale, che solitamente è molto limitato in quanto chi soffre di tale disturbo viene emarginato a causa dei propri comportamenti. Chi ha un disturbo antisociale di personalità, inoltre, ha maggiori probabilità rispetto alla popolazione generale di non raggiungere un’indipendenza economica, impoverirsi e diventare un “senzatetto”. Può anche trascorrere molti anni in istituti di pena e morire prematuramente per causa violenta (es. suicidio, incidenti, omicidi).
Trattamento
Attualmente il trattamento più efficace per il disturbo antisociale di personalità è il ricovero in strutture specializzate per la cura di questo disturbo, che consistono essenzialmente in centri all’interno degli istituti penitenziari e in particolari comunità.
In questi contesti è possibile sottoporre chi ha un disturbo antisociale a diversi trattamenti (in particolare farmacoterapia e psicoterapia) in quanto, ad esempio, il regolamento della struttura e la formazione degli operatori impediscono ai pazienti il ricorso massiccio all’acting-out (passaggio impulsivo all’azione, senza riflessione).
L’ambiente contenitivo delle strutture specializzate può creare le condizioni favorevoli anche per effettuare una psicoterapia. Questo trattamento in genere è volto a favorire nel paziente il contatto con le proprie emozioni, la consapevolezza delle conseguenze del proprio comportamento su se stessi e sugli altri, la tolleranza delle emozioni dolorose senza ricorrere agli acting-out (es. risse) o alle sostanze stupefacenti, l’incremento dell’autostima, l’assunzione delle proprie responsabilità e l’adattamento all’ambiente.
La terapia ad orientamento cognitivo-comportamentale mostra, in particolare, a questi pazienti le distorsioni cognitive che attuano per giustificare le proprie azioni illecite e l’eventuale abuso di sostanze. Altra peculiarità di tale intervento è il trattamento di sintomi (es. ansia, depressione) situazionalmente associati al disturbo antisociale.